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              Niente par condicio. Niente Salva-Previti. Forse la riforma elettorale. 
              Il bottino per Silvio Berlusconi è stato magro. Le due ore 
              passate ieri al Quirinale sono state quasi un calvario. Tensione 
              altissima nello studio del presidente Ciampi. E quando il Cavaliere 
              è ritornato a Palazzo Chigi è sbottato: "Non 
              c'è niente da fare". Il chiarimento sperato con il capo 
              dello Stato è morto sul nascere. Il braccio di ferro è 
              stato su tutti i fronti. E solo sulla proporzionale la Cdl vede 
              uno spiraglio. Anzi il premier promette battaglia: "Se anche 
              ce la boccia, noi la legge elettorale la riapproviamo. E poi vediamo...". 
               
            Su questo, 
              solo su questo, il Cavaliere è quindi pronto a sfidare il 
              Quirinale. Anche perché su tutto il resto, la porta è 
              rimasta sbarrata. Il "no" ciampiano, ad esempio, è 
              stato netto sulla ex Cirielli. "Quella legge, in quella forma 
              non può passare". Stesso discorso per la revisione della 
              disciplina che regola la campagna elettorale in televisione. Giudizi 
              meno netti, meno espliciti magari. Ma la sostanza non cambia. Palazzo 
              Chigi, probabilmente, a gennaio ci riproverà. Ma per ora 
              nel carniere del presidente del consiglio resta solo la speranza 
              di riformare il Mattarellum. Anche senza l'accordo con il Colle. 
               
            "Se 
              noi potessimo sapere come modificare il testo, al Senato potremmo 
              intervenire", ha provato a chiedere Sua Emittenza nello studio 
              alla Vetrata. Una richiesta avanzata più di una volta per 
              ottenere la certezza che poi la legge sarebbe stata controfirmata. 
              Ma il capo dello Stato non si è voluto sbilanciare. Nessuna 
              indicazione, nessun suggerimento. "Ci sono dei punti da chiarire 
              ma valuteremo dopo", ha frenato replicando al suo interlocutore. 
              Sul Colle, dunque, a questo punto vogliono agire solo con un esame 
              del provvedimento a iter parlamentare concluso. Proprio come prevede 
              la procedura costituzionale più corretta. 
            Una posizione 
              che ha innervosito il premier. Uscito, appunto, nero dall'incontro. 
              "Se i termini delle modifiche non sono definiti - è 
              sbottato nel pomeriggio sentendo tutti i leader del centrodestra 
              - allora tanto vale approvarla così com'è. Ciampi 
              è rimasto troppo sul vago. Nessuna certezza. Se anche facciamo 
              delle correzioni, il rischio è che comunque salta tutto per 
              i tempi". Dopo i 100 minuti trascorsi con il presidente della 
              Repubblica, il premier ha sentito al telefono Gianfranco Fini, poi 
              Roberto Calderoli. Quindi è andato da Pier Ferdinando Casini. 
              Sulla legge elettorale il presidente della Camera è il più 
              deciso. Risponde in maniera diretta proprio al presidente della 
              Repubblica.  
            Entrando 
              nel suo studio di Montecitorio, Casini non usa mezzi termini: "Il 
              problema della doppia maggioranza tra Camera e Senato c'è 
              sempre stato. Vi ricordate il '94? Il corpo elettorale è 
              diverso: ci sono 4 milioni di cittadini che votano in modo sfasato. 
              Eppoi, le modifiche che ci sono state suggerite, le abbiamo già 
              apportate. È stato fatto tutto in ossequio alla Costituzione. 
              Se ci sono altri problemi, allora bisogna cambiare la Costituzione. 
              Se poi qualcuno vuole dirci che è incostituzionale perché 
              non prevede le quote rosa, allora...". Del resto, per l'Udc 
              il ritorno alla proporzionale è fondamentale. Affrontare 
              la prospettiva che possa evaporare - dicono a Via Due Macelli - 
              significa compromettere tutto. Il colloquio, presenti anche Gianni 
              Letta e Beppe Pisanu, fa rompere gli indugi al Cavaliere che poco 
              prima ventilava ancora la possibilità di emendare la legge 
              elettorale: "la situazione è di work in progress", 
              diceva.  
            Ormai 
              l'unica strada è approvare rapidamente e "al buio" 
              la legge elettorale. Un altro passaggio alla Camera ritarderebbe 
              il si definitivo a gennaio e probabilmente causerebbe uno slittamento 
              delle elezioni. Ecco un altro nodo. E già, perché 
              Ciampi ha ribadito di considerare il 9 aprile la domenica istituzionalmente 
              più adeguata. Soprattutto ha avvertito che il voto a maggio 
              renderebbe difficilmente eludibile il cosiddetto election day. Una 
              prospettiva aborrita dal governo. Non è un caso che il Cavaliere 
              sia salito da Casini insieme al ministro degli interni. "Ma 
              - ha ammonito il premier - se quello ci boccia la proporzionale, 
              noi la riapproviamo. Lo sappia, voglio proprio vedere se ha il coraggio 
              di respingercela".  
            Lo scontro 
              con il Quirinale, quindi, adesso si concentra su questo aspetto. 
              Sulla ex Cirielli, il niet del Colle è stato esplicito e 
              difficilmente superabile. La retromarcia della Cdl è già 
              stata inserita. In realtà anche per fattori esterni alle 
              dinamiche politiche. "Questa storia del teste omega e di Dotti 
              cambia tutto", ha confidato il Cavaliere ai suoi. Ossia, le 
              nuove rivelazioni della Ariosto assegnerebbero un nuovo verso ai 
              processi milanesi. La revisione della par condicio, poi, è 
              stata per ora archiviata. Nonostante l'idea di Palazzo Chigi di 
              autorizzare gli spot tv solo sulla Rai e di ripescare la legislazione 
              in materia varata dallo stesso Ciampi nel '93. Ma per capire quanto 
              siano freddi i rapporti con il Colle, bisogna volgere lo sguardo 
              alla Corte costituzionale. Ieri il capo dello Stato ha nominato 
              i tre nuovi membri della Consulta. "Ha fatto tutto da solo 
              - è sbottato in serata Berlusconi - e ha messo solo uomini 
              suoi".  
             5 novembre 
              2005 
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