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     L’immortalità 
    dell’anima? Una grande, una bella speranza che non va dimostrata come un 
    teorema matematico ma che può essere plausibile. «Una scommessa che possiamo 
    fare» dice Massimo Cacciari nell’affollatissimo Duomo di Caserta dove ieri 
    sera ha commentato il Fedone di Platone, lasciandone poi l’interpretazione 
    scenica all’attore Carlo Rivolta. Ospite del vescovo Raffaele Nogaro, ormai 
    di casa in una città che l’ha praticamente adottato, Cacciari - che stamane 
    sarà ospite a Napoli della libreria Feltrinelli - parla dall’altare in 
    un’atmosfera di grande suggestione. «Perché - si chiede - è così importante 
    l’immortalità dell’anima? Perché solo così potremo combattere chi crede che 
    il vero sia soltanto il visibile. Ma quanti negano l’immortalità dell’anima 
    sono gli stessi che negano la scienza che si fonda invece sulle idee».  
    E il corpo? È niente di fronte all’anima? «No, il filosofo non vuole morire 
    o ripararsi dalla vita mondana, per lui morire non è guarire dai mali. 
    Quest’interpretazione, data da Nietzsche, è sbagliata. Il filosofo pensa 
    alla morte escatologicamente. Essa è l’ultimo, l’estremo della vita, non una 
    fuga dalla vita» risponde Cacciari, sottolineando uno dei passaggi 
    fondamentali del Fedone, da lui stesso definito «fondante per la nostra 
    stessa civiltà». Platone ricorda che il filosofo deve convertire. E dunque 
    insegnarci che «bisogna vivere ogni istante come se fosse l’ultimo. Ecco la 
    radicalità dell’atteggiamento platonico». Ne deriva che la buona, la grande 
    speranza è essenziale alla serietà della vita. «E l’anima, che è un organo 
    complesso con il quale intenzioniamo principi e cose reali, non è astratta 
    separazione dalla vita». Non a caso Socrate prima di morire rinuncia 
    all’offerta di fuggire propostagli dal suo allievo Critone: «Perché - spiega 
    Cacciari - se l’avesse fatto sarebbe caduto in contraddizione con la 
    preparazione della buona morte: ora siamo sani, dice Socrate, siamo guariti 
    e pronti alla buona morte. Quella che si può avere in ogni istante, non con 
    un fulmine che colpisce all’improvviso. La morte appartiene all’anima che 
    l’ha preparata, e non l’anima alla morte».  
    Prima di incontrare i casertani in Cattedrale, Cacciari ha avuto anche 
    l’opportunità di rispondere alle domande dei cronisti in attesa nel 
    seminario vescovile. Ed è stato come al solito schietto e diretto. Come 
    sulla guerra in Iraq: «Sciagurata, priva di ogni giustificazione, capace di 
    minare anche gli ultimi baluardi del diritto internazionale. Ma ora che c’è 
    non si può abbandonare l’Iraq che invece va salvato da un reale pericolo di 
    guerra civile. Occorre impegnarsi per avviare un processo di 
    democratizzazione, naturalmente con l’Onu: di questo si è finalmente reso 
    conto anche Bush». Niente incertezze anche a proposito della gestione 
    dell’emergenza rifiuti in Campania: «È un peccato mortale - dice il filosofo 
    - inviare l’immondizia in Germania. Non è giusto. Non conosco bene la 
    questione del termovalorizzatore, chiedete notizie al mio amico Bassolino: 
    ma spedire i rifiuti all’estero è inconcepibile».  | 
    
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