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              L'incidenza della povertà tra le famiglie italiane è 
              rimasta stabile tra il 2003 e il 2004, ma non al Sud, dove è 
              invece aumentata in misura rilevante. La percentuale nazionale dell'11,7 
              per cento viene infatti dalla media del 4,7 per cento registrato 
              al Nord, del 7,3 registrato al Centro e del 25 per cento del Mezzogiorno. 
              Al Sud il tasso di povertà relativa è aumentato di 
              oltre tre punti percentuali: nel 2003 era infatti al 21,6 per cento. 
              Se si considerano inoltre le situazioni più a rischio, a 
              cominciare dalle famiglie con molti figli, l'incidenza della povertà 
              raggiunge il 41 per cento.  
            Le famiglie 
              che vivono in condizione di povertà relativa sono in termini 
              reali 2.674.000, per un totale di 7.588.000 persone, il 13,2 per 
              cento dell'intera popolazione. La percentuale dell'11,7 per cento 
              viene dall'Istat considera statisticamente analoga al 10,8 per cento 
              del 2003, tenendo conto degli "intervalli" (cioè 
              della percentuale di errore).  
            Come 
              si calcola la soglia di povertà. La soglia di povertà 
              relativa è calcolata dall'Istat sulla base della spesa familiare 
              per consumi rilevata tramite l'indagine annuale sui consumi. Il 
              campione è di 28.000 famiglie. La linea di povertà 
              nel 2004 è di 551,99 euro mensili per le famiglie costituite 
              da una sola persona; di 919,98 euro per le famiglie di due persone; 
              1.223,57 euro per le famiglie di tre persone; 1.499,57 euro per 
              quelle di quattro; 1,747,96 euro per quelle di cinque; 1.987,16 
              euro per quelle di sei; 2.207,95 euro per le famiglie con sette 
              o più componenti.  
            Chi sta 
              meglio. "I veri e propri segnali di miglioramento rispetto 
              alla soglia di povertà - spiega il direttore centrale dell'Istat 
              per le indagini su condizioni e qualità della vita Linda 
              Laura Sabbadini - si osservano solo nel Friuli Venezia Giulia e 
              nella provincia di Bolzano. Ma in generale le regioni con la situazione 
              migliore sono l'Emilia Romagna, la Lombardia, il Veneto e la provincia 
              di Bolzano. Inoltre in tutto il Nord si rilevano miglioramenti nella 
              situazione delle famiglie nelle quali la persona di riferimento 
              è un lavoratore autonomo, e nelle coppie di età compresa 
              tra i 55 e i 64 anni".  
              Chi sta peggio. Oltre al peggioramento generale per tutte le famiglie 
              residenti nel Mezzogiorno, si trovano decisamente al di sotto della 
              soglia di povertà anche le famiglie numerose (con cinque 
              o più componenti, la percentuale di povertà è 
              del 22,7 per cento) e quelle con figli minori o anziani. Le regioni 
              dove l'incidenza della povertà relativa è più 
              elevata sono la Basilicata (28,5 per cento) e la Sicilia (29,9 per 
              cento). Al Sud la situazione è relativamente migliore solo 
              per l'Abruzzo e la Sardegna, rileva l'Istat, "che mostrano 
              valori significativamente inferiori alla media ripartizionale (16,6 
              per cento e 15,4 per cento rispettivamente) ma comunque superiori 
              a quelli di tutte le regioni Centro-settentrionali".  
            Lavoratori 
              autonomi, dipendenti e disoccupati. In generale, la situazione migliore 
              è quella delle famiglie che hanno come persona di riferimento 
              (quella che veniva denominata come 'capofamiglia') un lavoratore 
              autonomo: presentano infatti un tasso di povertà relativa 
              del 7,5 per cento, contro il 9,3 di quelle con un lavoratore dipendente. 
              Le famiglie nelle quali la persona di riferimento è un disoccupato 
              hanno un tasso di povertà del 28,9 per cento; se si tratta 
              di un ritirato dal lavoro la percentuale scende al 13,1 per cento, 
              comunque superiore alla media.  
            Le situazioni 
              'grigie'. L'Istat calcola anche la percentuale delle famiglie molto 
              al di sotto della soglia di povertà, e appena al di sopra. 
              "Il 7,9 per cento delle famiglie residenti in Italia risulta 
              a rischio di povertà - spiega Nicoletta Pannuzi, ricercatrice 
              del settore Condizioni economiche delle famiglie dell'Istat - mentre 
              il 5,5 per cento presenta condizioni di disagio estremo, percentuale 
              che nel Mezzogiorno sale al 13,2 per cento. Per cui si può 
              dire che siano sicuramente non povere solo l'80 per cento delle 
              famiglie, mentre il rimanente 20 per cento può essere definito 
              povero o a rischio povertà".  
            Il titolo 
              di studio fa la differenza. Bassi livelli di istruzione o bassi 
              profili professionali si associano strettamente alla condizione 
              di povertà. Tra le famiglie con persona di riferimento in 
              possesso di un elevato titolo di studio (scuola media superiore 
              e oltre) meno di una su venti risulta povera, mentre lo è 
              una su cinque se la persona di riferimento non ha alcun titolo o 
              ha la sola licenza elementare. Il divario è particolarmente 
              importante nelle regioni del Centro-Nord.  
            6 ottobre 
              2005  
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