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                   Lo 
                    scorso anno il Presidente Ciampi volle che si svolgesse qui 
                    la prima cerimonia di conferimento della medaglia del "Giorno 
                    del Ricordo" a famigliari delle vittime - come recita 
                    la legge dell'aprile 2004 - "delle foibe, dell'esodo 
                    e della più complessiva vicenda del confine orientale". 
                    Raccolgo l'esempio del mio predecessore a conferma del dovere 
                    che le istituzioni della Repubblica sentono come proprio, 
                    a tutti i livelli, di un riconoscimento troppo a lungo mancato. 
                    Nell'ascoltare le motivazioni che hanno questa mattina preceduto 
                    la consegna delle medaglie, abbiamo tutti potuto ripercorrere 
                    la tragedia di migliaia e migliaia di famiglie, i cui cari 
                    furono imprigionati, uccisi, gettati nelle foibe. E suscitano 
                    particolare impressione ed emozione le parole : "da allora 
                    non si ebbero di lui più notizie", "verosimilmente" 
                    fucilato, o infoibato. Fu la vicenda degli scomparsi nel nulla 
                    e dei morti rimasti insepolti. 
                    Una miriade di tragedie e di orrori ; e una tragedia collettiva, 
                    quella dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani 
                    e dalmati, quella dunque di un intero popolo. A voi che siete 
                    figli di quella dura storia, voglio ancora dire, a nome di 
                    tutto il paese, una parola di affettuosa vicinanza e solidarietà. 
                    Da un certo numero di anni a questa parte si sono intensificate 
                    le ricerche e le riflessioni degli storici sulle vicende cui 
                    è dedicato il "Giorno del Ricordo" : e si 
                    deve certamente farne tesoro per diffondere una memoria che 
                    ha già rischiato di esser cancellata, per trasmetterla 
                    alle generazioni più giovani, nello spirito della stessa 
                    legge del 2004. Così, si è scritto, in uno sforzo 
                    di analisi più distaccata, che già nello scatenarsi 
                    della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno 
                    del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e 
                    tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un 
                    disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella 
                    che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu 
                    dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno 
                    annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato 
                    di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una 
                    "pulizia etnica". 
                    Quel che si può dire di certo è che si consumò 
                    - nel modo più evidente con la disumana ferocia delle 
                    foibe - una delle barbarie del secolo scorso. Perché 
                    nel Novecento - l'ho ricordato proprio qui in altra, storica 
                    e pesante ricorrenza (il "Giorno della Shoah") - 
                    si intrecciarono in Europa cultura e barbarie. E non bisogna 
                    mai smarrire consapevolezza di ciò nel valorizzare 
                    i tratti più nobili della nostra tradizione storica 
                    e nel consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, 
                    di libertà, di tolleranza, di solidarietà della 
                    nuova Europa che stiamo da oltre cinquant'anni costruendo. 
                    E' un'Europa nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi 
                    e oppressivi, da quello espressosi nella guerra fascista a 
                    quello espressosi nell'ondata di terrore jugoslavo in Venezia 
                    Giulia, un'Europa che esclude naturalmente anche ogni revanscismo. 
                    Il caro amico Professor Paolo Barbi - figura esemplare di 
                    rappresentante di quelle terre, di quelle popolazioni e delle 
                    loro sofferenze - ha parlato del "sogno" e del progetto 
                    europeo in cui egli ed altri cercarono il risarcimento e il 
                    riscatto oltre l'incubo del passato e l'amarezza del silenzio. 
                    Perchè è giusto quel che egli ha detto : va 
                    ricordato l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito 
                    dalle foibe, ma egualmente l'odissea dell'esodo, e del dolore 
                    e della fatica che costò a fiumani, istriani e dalmati 
                    ricostruirsi una vita nell'Italia tornata libera e indipendente 
                    ma umiliata e mutilata nella sua regione orientale. E va ricordata 
                    - torno alle parole del Professor Barbi - la "congiura 
                    del silenzio", "la fase meno drammatica ma ancor 
                    più amara e demoralizzante dell'oblio". 
                    Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità 
                    dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per 
                    pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla 
                    rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali. 
                    Oggi che in Italia abbiamo posto fine a un non giustificabile 
                    silenzio, e che siamo impegnati in Europa a riconoscere nella 
                    Slovenia un amichevole partner e nella Croazia un nuovo candidato 
                    all'ingresso nell'Unione, dobbiamo tuttavia ripetere con forza 
                    che dovunque, in seno al popolo italiano come nei rapporti 
                    tra i popoli, parte della riconciliazione, che fermamente 
                    vogliamo, è la verità. E quello del "Giorno 
                    del Ricordo" è precisamente, cari amici, un solenne 
                    impegno di ristabilimento della verità. 
                  10 dicembre 2007 
                   
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