La mostra,“Dario Fo al Jamaica”, il 
        cui ricavato andrà in beneficenza, è stata organizzata nell'ambito del 
        progetto  “Nobel per i disabili”, una associazione ONLUS, fondata 
        da Franca Rame e Dario Fò.  Grazie all'attività dell'associazione e 
        all'opera di Dario Fò e Franca sono stati donati alle associazioni di 
        volontariato medicinali e 37 pullmini attrezzati, per il trasporto di 
        persone con handicap.  
        La mostra che verrà inaugurata a Milano il 5 giugno,al Jamaica bar 
        storico locale in via Brera esporrà disegni e litografie del grande 
        artista.“Sono nato disegnando",  
        racconta Dario Fò, " volevo fare il pittore e per questo, essendo un 
        costante, mi iscrissi all’Accademia di Brera e successivamente alla 
        Facoltà di Architettura.  
        Il disegno è per me forma principe d’espressione; una chiave di 
        comunicazione che utilizzo per non farmi fraintendere. Quando sono 
        all’Estero arrivo ad esprimermi col disegno per realizzare regie. Ho 
        fatto sequenze e fumetti, perché non ci fossero equivoci per la Commedie 
        francaise e così in America, o quando metto in piedi le opere per 
        costruire la scenografia e le sequenze di azioni collettive.”  
        Tornando al progetto "Il Nobel per i disabili", 
        Dario Fò spiega:  
        “Ci siamo indebitati e abbiamo realizzato parte di un progetto che non è 
        ancora finito – ha dichiarato Dario Fo - . La nostra non è beneficenza, 
        non la voglio chiamare così. E’ un progetto comune di solidarietà che 
        non finisce con una donazione, ma si alimenta con la continuità e 
        soprattutto con la partecipazione a un’azione corale, che riguardi 
        tutti. Cosa importante è il coinvolgimento. Il lavoro che facciamo è per 
        dare un sostegno a chi fa qualcosa per gli altri e quindi ci sentiamo 
        partecipi di una missione. E’ una collettività che agisce, un fatto 
        corale lo ripeto. Ecco perché mi piace parlare di  partecipazione, non 
        di beneficenza. Tutta la gente che ha un minimo legame sociale dovrebbe 
        preoccuparsi di chi ha bisogno di essere aiutato.”   |